di Pier Aldo Rovatti

Photo by Adam Nieścioruk - Unsplash
Foto di Adam Nieścioruk – Unsplash

Molti italiani rifiutano di vaccinarsi, ma poi ce ne sono moltissimi che esitano, aspettano. Forse sperano che il pericolo svanisca miracolosamente, visto che i virologi – pur divisi nelle sfumature – sono unanimi nel ricordarci che il virus non potrà sparire da un giorno all’altro e che il vaccino rimane la nostra principale difesa. 

Che alcune categorie come i medici e gli insegnanti debbano premunirsi di questa difesa sembra fuori discussione tanto è evidente: difficile giustificare il contrario e rifiutare questo atto minimo di prevenzione civile. Ma moltissimi altri – e ciascuno di noi ne conosce più di uno – quali motivazioni credibili possono avanzare per giustificare il proprio no?

Se glielo domandi, ti dicono quasi tutti che non si identificano con i no vax e non credono davvero che sopra le teste dei cittadini sia stata costruita una rete autoritaria, qualcosa di simile a un complotto che imprigiona le libertà individuali. Piuttosto difendono il loro diritto di dubitare sui tempi, sui modi e sulla qualità del vaccino, anzi dei vaccini che circolano ufficialmente: hanno dalla loro le difficoltà, le titubanze, i molti problemi di cui sta soffrendo tuttora la vaccinazione di massa. Messi di fronte al rapporto tra benefici e rischi, ciò che alimenta ancora la loro esitazione che cos’altro può essere se non una forma di paura?

È una paura che si aggrappa all’ombra del mancato possesso di un sapere definitivo e anche al desiderio che ne consegue di non volerne sapere. Credo che sarebbe un errore non piccolo liquidare la psicologia complessa di questa paura con una critica sommaria: bisognerebbe infatti negare che simili dubbi abbiano attraversato il pensiero di ognuno di noi almeno in parte, almeno per un poco. E sarebbe un grosso errore culturale e politico per diverse ragioni, che vorrei qui indicare. 

Da una parte, infatti, ingrandiremmo la frattura tra due gruppi di cittadini, noi i convinti e loro i dubbiosi, che avrebbero la necessità di comunicare di più e meglio anziché dividersi in fronti opposti. Anche noi, i convinti, raramente ci sentiamo di sposare a occhi chiusi una verità assoluta: tutti quanti abbiamo infatti sperimentato il dubbio e attraversato la penombra del timore a proposito del vaccino. Il nostro compito dovrebbe essere quello di provare a confrontarci con la popolosa minoranza di coloro che fanno molta fatica a vincere l’esitazione e la paura: isolare i dubbiosi, come se fossero già sprofondati nell’errore, sarebbe fare un torto alla nostra idea di verità.

Peggio, li spingeremmo dentro un tunnel in cui la loro discutibile verità finisce quasi sempre per rinforzarsi in una persuasiva ideologia. Ed ecco l’altra faccia, alquanto preoccupante della questione: se non riusciamo a smontare la paura diffusa socializzandola con i nostri timori, rendendola – per così dire – normale e quotidiana, essa è destinata a crescere come una malattia nelle menti dei dubbiosi, diventa sempre più “vera” e prende il sopravvento sospingendoli nelle file dei no vax.

Da sempre la cultura popolare conosce gli effetti di questo curioso detto, “la paura fa novanta”, vale a dire che la paura ha la capacità di sforare i propri limiti e di ritrovarsi in un territorio imprevisto, qui la paura del vaccino può sospingere i dubbiosi a credere che davvero un potere fuori controllo abbia impiantato una cupola sopra le nostre teste, da dove un burattinaio muove i fili delle marionette. Che poi saremmo noi: gli assoggettati, le vittime del complotto, le cavie di un drammatico esperimento.

Questo spauracchio si ripete costantemente riguardo alla nascita stessa del virus e alla sua attuale diffusione. Certo, il potere e i poteri agiscono accanto e sopra gli individui, sarebbe sciocco non accorgersene e da irresponsabili non tenerne conto nelle politiche e in economia, nella stessa vita quotidiana. Ma di qui ad accettare che “la paura fa novax” bisogna ignorare che in questo caso facciamo un salto mortale, una specie di giravolta del pensiero. Significa assolutizzare un timore fin troppo umano e accettare il ruolo di vittime di un complotto universale. 

Rifiuto il vaccino – afferma il no vax – perché si tratta di un clamoroso imbroglio ai miei danni. È così che trasforma il suo timore in una condizione di completa innocenza, tirandosi fuori dall’intreccio delle responsabilità. Soprattutto trasforma la sua paura in un atteggiamento di completa auto-assoluzione. 

Ognuno di noi dovrebbe, invece, assumersi il compito di tentare di attutire questa involuzione della paura nel complottismo. Intanto per impedire che un simile processo avvenga dentro di noi, ma soprattutto per contribuire alla costituzione di una cultura critica che trattenga le nostre paure da una pericolosa assolutizzazione. 

[Pubblicato su “Il Piccolo” il 16 luglio 2021]

 

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