Il titolo di questo fascicolo riecheggia quell’A partire da Lacan con il quale ci eravamo avventurati, nel lontano 1980 (quarant’anni fa!), in un territorio che non solo era ancora abbastanza incognito per la cultura italiana, ma risultava addirittura sorprendente per una rivista che aveva attraversato gli anni dell’incontro tra fenomenologia e marxismo e poi il decennio in cui si era tendenzialmente trasformata in un laboratorio di pensiero critico molto sensibile alle dinamiche politico-filosofiche della sinistra italiana e internazionale. La mossa consisteva nel tentare di cambiare il nostro punto di osservazione in un momento in cui le bussole filosofiche sembravano bloccate. Con Lacan e con una serie di altri temi cercammo di sondare nuove zone di riflessione critica (e chi vuole saperne di più può vedere l’antologia Il coraggio della filosofia. aut aut 1951-2011, il Saggiatore, Milano 2011).

È utile ricordare il fatto che Lacan veniva allora indicato non come un approdo, ma come un punto di partenza, e che a quel fascicolo parteciparono molti dei redattori di “aut aut” unitamente a un gruppo di psicoanalisti, soprattutto milanesi. La “provocazione” consisteva proprio in quell’“a partire da”: più che un cauto avvicinamento a una terra incognita, era la pretesa di riuscire a paracadutarsi in essa con tutti i rischi del caso.

Successivamente Lacan è entrato nella normale circolazione filosofica della rivista, nella quale era già fin dall’inizio presente il pensiero di Freud grazie alla sensibilità anticipatrice di Enzo Paci. Arriviamo così al 2009, quando decidiamo di fare il punto su Lacan, ormai notissimo dentro e fuori dalla psicoanalisi, con un lavoro di gruppo dal titolo Leggere Lacan oggi (“aut aut”, 343), titolo che già preannunciava nelle parole “leggere” e “oggi” l’esigenza di discuterne e chiarirne la rilevanza dell’opera teorica e pratica in uno scenario decisamente modificato dalla pluralità delle “scuole” e forse anche dai problemi impliciti nel lacanismo, ormai diventato un territorio conosciuto, organizzato e non privo di qualche sospetto di autorecinzione.

Ed eccoci a questo “Ripartire con Lacan”, un’operazione che solo in apparenza riprende il gesto culturale del 1980, non fosse altro perché da Lacan eravamo appunto già “partiti” e con i suoi Scritti e i suoi Seminari avevamo preso una certa confidenza filosofica, traendone spunti critici e modi per affrontare molte questioni, a cominciare da quella che fin dall’inizio è stata la linfa vitale della nostra rivista, cioè il problema della soggettività (“il soggetto in questione”, per usare un’espressione di Lacan stesso).

Che cosa significa “ripartire”? La parola indica vari movimenti e un’ulteriore esigenza critica. Uno dei movimenti è certo quello del ritornare a Lacan, ora che il suo pensiero appare completamente squadernato davanti a noi e possiamo studiarlo nei dettagli in tutta la sua eredità testuale. Non solo: questo ritorno è anche necessario per togliere di mezzo il più possibile gli schemi di comodo che si sono via via accumulati in una fisiologica scolastizzazione. Ma l’operazione che ci ripromettiamo di avviare con questo fascicolo vorrebbe promuovere un’“apertura” contrapponendosi al rischio che quel territorio, oggi non più incognito, si richiuda in sé stesso con porte e finestre difficili da oltrepassare da parte di chi vorrebbe entrarci per utilizzarlo.

Ripartire con Lacan significa dunque per noi allargare il territorio, vedendo come esso si concateni ad altri luoghi del pensiero contemporaneo e della riflessione passata, soprattutto ad altri pensatori ai quali le parole di Lacan si riferiscono direttamente. Ma non solo pensatori, come è il caso di Cartesio che risulta forse il più richiamato nei saggi di questo fascicolo: anche modi di confrontarsi con altri ambiti di pensiero e con problemi attuali o con figure emblematiche dell’antichità.

Discutendo in redazione sull’importanza da dare al progetto, insistevamo sull’importanza del significante “con” (o “avec”) come portatore del senso stesso dell’apertura che volevamo indicare: non una ibridazione della terra lacaniana ma un possibile potenziamento dei legami con altri territori. E neppure – ça va sans dire – una semplice esegesi delle occorrenze e delle chiamate in causa, bensì il tentativo di aprire con-fronti, cioè fronti comuni da attraversare criticamente: i confronti tra Lacan e Foucault, tra Lacan e Sartre, tra Lacan e Derrida, o tutte le altre incursioni che il lettore potrà trovare nelle pagine seguenti.

Questi concatenamenti sono comunque solo alcuni fra i tanti che Lacan suggerisce, sia sul piano culturale sia sul piano della pratica clinica, e noi speriamo che la nostra proposta di allargamento dei discorsi possa diventare un incentivo per ulteriori analoghe ricognizioni. Chi ha collaborato al fascicolo appartiene in una quota significativa allo staff della rivista cui si uniscono molti altri collaboratori interessati all’operazione. 

Ci auguriamo che il lettore possa verificare che l’intento della nostra proposta è quello di sbloccare una certa rigidità che spesso rischia di penalizzare la portata “filosofica” del pensiero e della pratica di Lacan. Sbloccarla criticamente come si può constatare, per esempio, lavorando sul confronto tra Lacan e Basaglia o anche tentando di intravvedere un avvicinamento non scontato con il pensiero debole. [P.A.R.]

[Premessa al fascicolo di “aut aut”, 387, 2020]

 

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