a cura di Ilaria Possenti

MATERIALI
Hannah Arendt La libertà di essere liberi. Condizioni e significato della rivoluzione (1967)
Richard Bernstein Ripensare il sociale e il politico (1986)
Étienne Balibar Arendt, il diritto ai diritti e la disobbedienza civica (2010)

Ilaria Possenti Dal sociale al comune? Per una traduzione della libertà arendtiana
Olivia Guaraldo Arendt, i bisogni, la felicità
Edoardo Greblo Libertà politica e liberazione sociale in Hannah Arendt
Luca Baccelli Un curioso equivoco? Arendt, Marx e il lavoro

IL SENSO DELLE PAROLE
Alessandro Dal Lago Potere al popolo? Una nota su Arendt e il populismo teorico contemporaneo

ISBN 9788842828082
€ 20 cartaceo
€ 10,99 ebook
184 pp.

Disponibile in libreria e nei principali bookstore online. A breve anche in ebook.

Abstract

La libertà di essere liberi. Condizioni e significato della rivoluzione (1967)
Hannah Arendt 

In questo intervento, rimasto a lungo inedito e qui tradotto per la prima volta, Hannah Arendt critica la politica estera americana, incapace di comprendere le situazioni rivoluzionarie, e torna a riflettere sui temi affrontati in Sulla rivoluzione. Anche se molte rivoluzioni falliscono, fino a sfociare in nuove tirannie, i rivoluzionari hanno a cuore la libertà, intesa come creazione di uno spazio politico che non conosce signori e sudditi. 

Ripensare il sociale e il politico (1986)
Richard Bernstein

Richard Bernstein, autore del recente Why Read Hannah Arendt Now?, è stato tra i primi a osservare che la riflessione arendtiana trascura il legame tra il tema della libertà e il problema della giustizia sociale. Bernstein insiste sulle criticità, ma considera decisivo il richiamo di Arendt all’idea della polis, intesa come spazio della partecipazione politica. Quel che appare urgente, in questa prospettiva, è ripensare radicalmente il rapporto tra il sociale e il politico. 

Arendt, il diritto ai diritti e la disobbedienza civica (2010)
Étienne Balibar

Con questo saggio, pubblicato ne La proposition de l’égaliberté, la filosofia di Balibar si apre a temi arendtiani non compromessi con la categoria del sociale. Se il “diritto ad avere diritti” rinvia all’ideale greco dell’isonomia, la riflessione su Eichmann come “cittadino ligio alla legge” sfida la moderna concezione giuridica del politico. La disobbedienza “civica” suggerisce, infine, di pensare il potere insieme alla dissidenza. 

Dal sociale al comune? Per una traduzione della libertà arendtiana
Ilaria Possenti

Arendt tratta la “questione sociale” come questione pericolosa per la libertà. Ilaria Possenti riflette sui limiti di questa posizione, legata alla distinzione tra politica e vita (zoè). È possibile liberare la libertà arendtiana dal fardello di una concezione biologistica del corpo, del lavoro e dei bisogni? La riflessione sul “comune”, notata anche da Dardot e Laval, sembra qui offrire una via d’uscita. Forse, è in una diversa modalità del sociale che la libertà politica può avere inizio. 

Arendt, i bisogni, la felicità
Olivia Guaraldo

Olivia Guaraldo dialoga con un femminismo attento alla critica arendtiana della sovranità (Butler, Honig, Cavarero). Accogliendo la distinzione di Arendt tra libertà politica e necessità biologica, osserva che il dominio dei bisogni può essere attenuato, ma il nesso tra necessità e violenza resta ineludibile. La riflessione arendtiana sulla soggettività politica, d’altra parte, trasferisce e riformula nella sfera pubblica il legame tra libertà, dipendenza e felicità. 

Libertà politica e liberazione sociale in Hannah Arendt
Edoardo Greblo

Per Hannah Arendt, il tentativo di risolvere politicamente la questione sociale conduce alla distruzione della sfera politica. Edoardo Greblo discute la questione nell’ampio quadro della teoria politica arendtiana,  rivolgendo una particolare attenzione alla distinzione tra “liberazione sociale” e “libertà politica” formulata nel saggio Sulla rivoluzione. Ne emerge il ritratto di un repubblicanesimo non privo di tratti elitari, ma in grado di incorporare strumenti utili a contrastare la deriva dell’elitarismo politico. 

Un curioso equivoco? Arendt, Marx e il lavoro 
Luca Baccelli

Luca Baccelli mette in questione il valore antipolitico che Arendt assegna al lavoro. Quando cita Marx e definisce il lavoro come “metabolismo dell’uomo con la natura”, Arendt non solo fraintende le pagine marxiane, ma trascura la riflessione sul lavoro non estraniato come attività creatrice e cooperativa, non dominata dalla necessità. L’esclusione del lavoro dalla sfera del logos e della pluralità umana impoverisce l’interpretazione di Marx e la comprensione della vita activa

Potere al popolo? Una nota su Arendt e il populismo teorico contemporaneo
Alessandro Dal Lago 

Quando i leader politici si appellano direttamente al popolo, chiedendo più potere per offrire più sicurezza, il rischio è quello di nuovi “bonapartismi”. Per Alessandro Dal Lago, Arendt si muove in una direzione ben diversa: se la riflessione sui profughi solleva il problema di una cittadinanza non identitaria, l’ideale della polis guarda alla pluralità dei cittadini, e non a un “popolo” inteso come entità omogenea. In tempi di crisi della democrazia e dello Stato liberale, il pensiero politico e sociale arendtiano assume evidenti tratti antipopulisti. 

2 Responses to 386/2020
Hannah Arendt e la questione sociale

  1. Franca Rita Porcu says:

    Buongiorno,
    Vorrei acquistare, se fosse possibile, entrambi i volumi. Come devo fare?

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