di Pier Aldo Rovatti

Non si sono ancora spenti l’emozione e il raccapriccio suscitati nel mondo intero dall’impiccagione pubblica di Reyhaneh Jabbari, avvenuta in Iran. L’immagine di questa ragazza di 26 anni con le mani alzate e il viso intelligente, che tutti abbiamo visto, non si è cancellata. Nella prima pagina dei quotidiani nazionali si leggevano titoli di questo genere: “Diritti calpestati”, “L’eclissi dei diritti”, “I diritti giustiziati”.

Quella di Reyhaneh è una storia terribile: dopo aver ucciso con un coltello da cucina l’uomo che la aveva attirata a casa sua e voleva violentarla, ha passato sette anni di prigione dura, torture comprese, senza ottenere la legittima difesa nonostante il rifacimento del processo. Con particolari macabri: il figlio dell’uomo ucciso che dà il calcio allo sgabello su cui lei teneva i piedi un istante prima dell’esecuzione in piazza, tra un fragore di applausi.

Ma tutti noi sappiamo che il nostro pianeta, quasi ogni giorno e in molte latitudini, calpesta i diritti umani. Le mille esecuzioni pubbliche in Iran nell’ultimo anno, quando il regime avrebbe dovuto addolcirsi, sono solo un dato tra innumerevoli altri. Poi ci sono le condanne a morte eseguite in silenzio. E le infinite negazioni dei diritti, meno spettacolari e allucinanti, che avvengono in ogni dove con una sequenza di violenze che contrastano l’immagine di civiltà di cui andiamo fieri, anzi che la accompagnano come ne fossero il necessario rovescio.

In Italia le battaglie per i diritti fondamentali, perché ogni cittadino abbia una dignità di soggetto e di persona, sono all’ordine del giorno, si moltiplicano sotto i nostri occhi. Ricordo che a Trieste, negli anni settanta, Franco Basaglia ne combatté una particolarmente aspra per restituire la soggettività agli internati in manicomio, ridotti a numeri e a semplici oggetti. La vinse aprendo le porte del manicomio e promuovendo una legge nazionale, la ben nota “180”. Ma ricordo anche che lo stesso Basaglia lanciò subito un messaggio di grande preoccupazione avvertendo che, affondata una nave, numerose altre cariche di violenza si profilavano all’orizzonte, diventavano visibili e incombenti, e aveva ragione.

I diritti stanno allora eclissando? La storia del pianeta ha inserito la marcia indietro? No. I diritti vengono reclamati ovunque. Se oggi constatiamo, spesso con orrore, che vengono sistematicamente calpestati, è altrettanto vero che dappertutto essi stanno diventando manifesti, evidenti, e nessuno più può girare la testa dall’altra parte, dire di non avere visto o di non sapere. Le battaglie stesse si sono moltiplicate e anche i combattenti. Sono loro che spingono i pigri e i recalcitranti su una strada che a volte può sembrare un tunnel senza uscita, ma che in realtà è l’unica strada percorribile: la civiltà in cui ci identifichiamo non permette che ci sia un dietrofront, anche se spesso ne abbiamo timore.

Se guardiamo alla crescita progressiva delle disuguaglianze che si stanno producendo planetariamente, siamo invitati al pessimismo. Ma qui non è questione né di pessimismo né di ottimismo, bensì di accorgersi di come procede la ruota della storia. Forse non è vero che gli uomini stanno diventando migliori: è tuttavia un fatto che ciascuno (e non solo a sinistra, come osserviamo anche in Italia) deve quotidianamente prendere atto che le discriminazioni, i razzismi di ogni genere, dichiarati o subdoli, ormai girano a vuoto, e sempre più saranno politicamente inefficaci.

Non parlo qui di etiche, che ovviamente apprezzo e per cui combatto le mie piccole battaglie. So perfettamente, e tante volte l’ho scritto, che il cinismo è trionfante e gli egoismi personali sono moneta corrente. Parlo di opportunità, di azioni che portano alla sconfitta e di atti che possono invece inserirsi nel solco della storia. Parla di una condizione di visibilità diffusa e inarrestabile. Di una trasparenza che – anche se non la invochiamo – è ormai un fatto conclamato, una tendenza reale non comprimibile. Nella quale “vediamo” i diritti calpestati: non possiamo non vederli o far finta di nulla.

So che tale trasparenza è piena di ombre e che i dispositivi di poteri riescono a curvarla e ad alterarla. So anche che i diritti sono qualcosa di scivoloso e che ciascuno può tirarli dalla propria parte. Non dobbiamo essere ingenui. Tuttavia credo che il vedere sempre più distintamente i diritti calpestati sia per tutti, ma proprio per tutti, un punto di non ritorno, una piattaforma stabile da cui prendere slancio per dire no. No, i diritti non sono affatto eclissati, nonostante le apparenze, anzi stanno diventando un palo piantato dentro i nostri occhi.

[pubblicato su “Il Piccolo”, 31 ottobre 2014]

One Response to I diritti non sono eclissati

  1. Verona Emanuele says:

    quanta angoscia cresce riversando giustamente in noi notizie di diritti mancati che si appellano ai nostri occhi alla nostra sensibilita’trasformandola in quanto poco si puo’ riuscire a fare in un quotidiano che reclama il suo giorno se non attraverso a un pensiero che accomuni non diventando troppo disgraziato ma presumibilmente permissibile alla nostra vita. Quale nostra capacita’ puo’ essere di aiuto se non guardando i giorni che passano dando a loro quel merito che con fatica gli attribuiamo a fare a mantenere quando sappiamo bene che ogni momento e’ buono perche’ questo si possa capovolgere anche sulle nostre spalle come gia’ vediamo e sentiamo in parole non tanto lontane da noi nel manifestare diritti e incomprensioni. C’e’ sempre qualcosa che si puo’ rinnovare che si puo’ affrontare decidere o scegliere ma la difficolta’ e’ rimanere a terra con la paura di prendere il volo sapendo che non si puo’ piu’ tornare indietro sapendo anche di fare del nostro meglio e non si perda inutilmente in tempi che lo richiedono

Leave a Reply to Verona Emanuele Cancel reply

Your email address will not be published.