Questo fascicolo prosegue l’indagine sulla pericolosità che abbiamo avviato nel n. 370 (giugno 2016), mantenendone il titolo e ampliando i diversi percorsi collegati o collegabili a una questione che riteniamo attuale e decisiva.

Il passaggio dall’individuo pericoloso alla società a rischio viene inizialmente sviluppato attraverso alcuni materiali: un’inedita conversazione che Michel Foucault tenne negli Stati Uniti nel 1983, la ricostruzione di Bernard Harcourt di come si è imposto il concetto di analisi attuariale e due interventi della scuola belga di criminologia a firma di Fabienne Brion e Christophe Adam.

Ma il fascicolo, come il lettore può subito verificare, apre anche una serie di altri fronti che vanno dal terreno giuridico e dal problema del carcere all’emergenza sociale e politica del “pericolo” immigrati, oggi molto dibattuto in Italia e in Europa, a quella della violenza sulle donne, indagata dalla prospettiva della psicoanalisi. Siamo una rivista che cerca di mettere alla prova ogni volta il pensiero critico: l’allargamento della questione a partire dal nodo storico e teorico della pratica psichiatrica si accompagna di conseguenza a un tentativo di approfondire ulteriormente il tema della pericolosità.

La questione della pericolosità non va sfumando in quella del calcolo del rischio, all’opposto sembra intensificarsi come domanda teorica, certo non semplice, che dobbiamo continuare a rivolgere a noi stessi, dovunque operiamo: tale domanda dovrebbe mettere in gioco radicalmente le nozioni di normalità e anormalità, la loro tenuta e i loro confini, dato che non possiamo pensare di disfarci davvero delle categorie di pericolo e di pericolosità senza indagare gli effetti che esse hanno sulla nostra stessa idea di soggetto, cioè i pregiudizi e le relative forme di violenza che impugniamo quotidianamente contro le persone deboli e che tali pregiudizi continuano a innervare. Tutti quanti noi operiamo all’interno di una cultura asfittica nella quale dobbiamo immettere ossigeno critico, cioè, in breve, interrogarla.

Questo fascicolo vorrebbe allora suggerire che il tema del pericolo, individuale e sociale, ha necessariamente un rimbalzo su quell’idea di “soggetto normale” che molto spesso consideriamo un’acquisizione comune e tranquillizzante. [M.C., P.A.R.]

 

 

 

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