di PIER ALDO ROVATTI

Si è parlato addirittura di un contagio, ma ha l’aria di essere tutt’altro che una malattia perché ciò che sta diffondendosi a macchia d’olio da nord a sud (e viceversa) è un gesto di generosità: regalare un libro a qualcuno che non si conosce. Si chiama “libro sospeso” e il meccanismo è semplicissimo: tu entri in una libreria e mentre acquisti un libro per te contemporaneamente ne acquisti un altro per chi arriverà dopo di te e vorrà portarselo via. È un’estensione della pratica tradizionalmente conosciuta a Napoli di pagare una tazzina di caffè e lasciarlo appunto “in sospeso” per qualche altro cliente del bar che vorrà berselo.

Chi ha dato inizio a questa catena che da un mese ormai si è messa in moto con inatteso successo? Forse la libreria Ex Libris di Polla di Salerno. Forse l’iniziativa è stata presa dalla piccola libreria milanese “Il mio libro”. O da entrambe, o contemporaneamente da molte altre, a Catania, a Reggio Emilia, a Udine, a Caserta, a Varese, a Pistoia, ma anche a Bologna, a Monza, a Napoli e a Roma. Sono solo alcune delle città da cui sono arrivate notizie della diffusione di questo “virus”, ce ne sono tante altre perché l’“infezione” cammina con grande rapidità, non è facile controllarla. E non riguarda solo alcune librerie indipendenti: la grande catena della Feltrinelli, per esempio, se ne è fatta carico moltiplicando il fenomeno. Complice principale dell’epidemia del “libro sospeso” sono stati i social network, dal momento in cui la proprietaria di “Il mio libro” di Milano ha creato l’hashtag #librosospeso: da lì si è prodotto un diluvio di consensi, pareri, titoli, foto, rilanci.

Vale la pena anche di ricordare il racconto di questa giovane libraia di Milano (Cristina di Canio, 30 anni): un bel giorno, un cliente entra in libreria, compra e lascia lì un volume di sua scelta per qualcuno che poi vorrà portarselo a casa. “Pensavo fosse un matto”, confessa Cristina. Poi si entusiasma: “C’è ancora voglia di sognare!”. E le viene in mente qualcosa di simile che aveva letto in una pagina di Daniel Pennac. Da parte sua, il responsabile della Libreria Moderna di Udine commenta così il singolare evento che intanto ha preso decisamente piede: “È una trasmissione di felicità”.

Non importa se e quanto il fenomeno potrà durare, se verrà inquinato da qualche interesse meno nobile, se si tratta solo di una bolla di sapone: non c’è dubbio, in ogni caso, che è scattata una molla collettiva che ha messo insieme il piacere del dono e il piacere della lettura. Nella società attuale, più spesso intrisa di egoismo e di spirito cinico, il piacere del dono è una vera scoperta; sappiamo che continua a esistere sottotraccia, vederlo emergere pubblicamente in modo così spontaneo e disinteressato è una notizia ricca di senso.
Quanto al piacere della lettura, chi scrive questa righe ne sa qualcosa e conosce quanto è vasto il popolo spesso silenzioso dei lettori, ma è anche al corrente del fatto che le librerie sono in crisi e che l’editoria italiana naviga in acque perigliose; il “libro sospeso” è un episodio alquanto anomalo, controcorrente, abbastanza eccezionale.

C’è però qualcosa di più e consiste proprio, a mio vedere, nello strano connubio tra i due piaceri. Più che di sogno o di felicità, che mi sembrano parole belle ma anche un po’ vuote, parlerei di un desiderio di rivolgersi a un “altro” anonimo, di un donare che non implica che chi riceve il dono abbia un’identità (d’altronde, del caffè napoletano si diceva: “lo offro a tutto il mondo”), di un godimento che consiste nel piacere che quel libro, che hai letto e che ti è rimasto in testa, un altro, non importa chi, possa e voglia leggerlo e ricavarne un piacere analogo al tuo.

Non mi sorprende, inoltre, venire a sapere che non sempre i libri “sospesi” sono immediatamente oggetto del desiderio degli altri. Apprendo di un qualche imbarazzo e riesco perfino a identificarmi. Non siamo avvezzi ad accettare doni da sconosciuti, siamo terribilmente gelosi delle nostre scelte e facciamo fatica a cambiare abitudini.
Ma se così le librerie ricominciassero a essere un appuntamento normale per tutti? Proprio mentre c’è un grande darsi da fare attorno alle sorti del libro, con la kermesse torinese e le varie iniziative che le fanno corona, arrivano questi piccoli segnali positivi, dovremmo valorizzarli. Il meccanismo dell’anonimato a me pare il tratto decisivo che va salvaguardato: vanno bene alcune indicazioni (“questo datelo a una donna, a un uomo, a un ragazzo”), passi l’idea delle “dediche” a chi anonimamente riceverà il libro che avete lasciato in sospeso, ma – per favore – fermiamoci qui.

[uscito su “Il Piccolo”, 9 maggio 2014]

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One Response to Il “virus” del libro sospeso

  1. Verona Emanuele says:

    Un libro da regalare da consegnare da lasciare si accompagna sempre con la risorsa di benvenuto un omaggio a qualcuno come noi un omaggio a noi stessi all’ esserci e sentirci parte di un’idea di un comunicare lasciare l’ impronta quasi ingannevole che fa di noi una risorsa al piacere di sapere che in quel momento fai qualcosa qui ritieni propria di una norma di un idea di un pensiero una sensibilità’ che ci accomuna dando quel risalto che tanto poco riusciamo a dare.

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